Intervista a Pamela Giannasi, attiche della Compagnia Arte e Salute – Teatro di prosa

14 giugno 2016

Attori non si nasce, si diventa. A volte inaspettatamente quando la vita sembra avviata a tranquillo tran-tran casa-lavoro-amici. A volte poi è una malattia, un disagio psichico, a decretare che ad un certo punto il futura sarà sotto i riflettori di un palcoscenico. E’ così che Pamela Giannasi da giovane impiegata è diventata attrice professionista con un contratto stabile nella Compagnia Arte e Salute, il progetto del regista Nanni Garella nato all’interno dei programmi di recupero dei pazienti con disagio psichico dell’Ausl di Bologna. La compagnia sarà in scena da oggi al 19 giugno, alle roe 21, all’Arena del Sole nello spettacolo “Nuvole”, in cui Pamela interpreta il ruolo di Desdemona.

Signora Giannasi, dall’impiego in ufficio al teatro professionale. Come è cambiata la sua vita?

“E’ fantastico e mai avrei immaginato di intraprendere questa strada. E’ un lavoro a tutti gli effetti perchè anche quando non andiamo in scena ci troviamo quasi tutti i pomeriggi per provare o studiare. Poi l’impegno diventa più intenso quando andiamo in scena ma non lo vedo come una fatica. Peccato che non basti.”

In che senso?

“Possiamo ritenerci fortunati perchè Nanni Garella ad uno o due spettacoli da portare in scena solo per noi, ma sentiamo comunque la crisi. Io, come tutti i miei colleghi usciti dalle Accademie, devo fare altri lavoretti per mantenermi. Invece il mio sogno, come il loro, sarebbe quello di dedicarmi completamente al teatro.”

Come è arrivata a questa decisione?

“A 23 anni avevo una vita come tante, lavoravo in ufficio, uscivo con gli amici, vivevo alla giornata. Poi mi sono ammalta: ho smesso di dormire e di mangiare perchè volevo essere supe attiva. Mi sono staccata dalla realtà ma a me sembrava normale. Alla fine mi sono ritrovata in un centro di salute mentale.”

Qual è stato l’impatto con il centro?

“Il mio primo pensiero è stato: “Oddio sono matta”. Tutti mettiamo in conto di romperci una gamba ma non pensiamo mai che che ci si può rompere la testa, e si hanno molti pregiudizi al riguardo. Lì, invece, ho imparato a convivere con persone che hanno patologie gravi e quindi a gurdare la realtà con maggiore lucidità. Oggi uno dei miei obiettivi è di far capire che una malattia come la mia può capitare a chiunque, in qualsiasi momento”.

In questo percorso ad un certo punto è entrato il teatro. Come l’ha aiutata?

“Credo che il teatro aiuti tutti, magari ad aprirti o a diventare meno timido, ma soprattutto a confrontarti con persone diverse che ti costringono a cambiare, ad adattarti. Ti devi mettere in gioco sapendo che gli spettatori sono lì per te.”

E al pubblico, cosa vorrebbe che fosse evidente?

“Che siamo professionisti, prima di tutto. Semplicemente, sul palco ci sono persone con una sensibilità più accentuata. Ma ho conosciuto tanti attori che pur non avendo patologie sono ugualmente sopra le righe”.

 

 

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